L’ACCADIMENTO
Un giorno avvenne un fatto incredibile,
sia pur prevedibile, ma mai di quelle proporzioni.
Ebbene, quel giorno,l’enorme corpulenza
provò e riprovò ad uscire dalla porta della modesta stanzetta della dispensa.
Ogni sforzo si dimostrò vano. Provò a sgonfiare i polmoni trattenendo il
respiro, provò ad allungarsi, niente, rimaneva incastrato al telaio della
porta!
Tutta la famiglia si riunì,ogni membro
cercava una soluzione, mentre grida esasperate uscivano dalla fatidica
dispensa. Forse, intervenne il primogenito, chiedendo spazio tra le voci
concitate, forse si potrebbe rimuovere il telaio della porta e,guadagnando due
centimetri a destra e due a sinistra si potrebbe tirarlo fuori! Si è una buona idea,ma se non fossero
sufficienti? Proviamo! Qualcuno vada a prendere il metro. Il più piccolo
arrivò,un istante dopo, agitando lo strumento: un metro da falegname. Restammo
un po’ perplessi, forse era meglio un metro
da sarta! No è troppo corto. Si presero comunque le misure. Ahimè! Non
avremmo risolto niente, il varco doveva cedere di almeno venti o trenta
centimetri. Necessitava l’intervento del muratore.
Ma come affrontare lo scandalo? Chiamare
chicchessia estraneo era come darsi in pasto alle Malelingue . la faccenda si
sarebbe risaputa in un baleno in tutto il paese e,addio reputazione!
Era dunque necessaria la massima
discrezione. Decidemmo di tenere tutto in famiglia.
Lui annaspava nell’insolita incredibile
dimora e con un grugnito ci comunicò che aveva fame.
Sbalorditi dalla richiesta e dallo
sguardo imbufalito gli portammo qualche avanzo della cena e la Frutta del
vassoio centro tavola. La paura ci rese ubbidienti perché la mole, che
aumentava a Vista d’occhio, ci incuteva timore e ormai avevamo dato fondo a
tutte le provviste.
Fatte le dovute raccomandazioni ai
ragazzi,di non perdere la calma, e profuse le scuse alla massa monolitica di
cui già non si distingueva più il viso dal collo,afferrate le chiavi
dell’automobile, corsi in paese. Acquistai ogni sorta di materiale edibile,
pensando al domani e al dopodomani per non farmi cogliere impreparata a ogni
eventuale richiesta di cibo.
L’ansia mi traboccava dagli occhi e
dovetti contenermi emettendo profondi respiri per non destare sospetti o
curiosità in chicchessia. Quando rientrai, la massa informe era leggermente ammansita
e un braccio possente attraversò la porta afferrando le buste della spesa che
avevo ancora in mano. Il gesto mi trovò impreparata e per un momento pensai che
volesse farmi del male, capii un istante dopo, che il gesto era di altra
natura.
Noi lo guardammo ingoiare ogni cosa a
quattro palmenti senza neanche scartare gli involucri.
Ciò che credevo le provviste di una
settimana sparirono in un attimo. Poi lui cercò con difficoltà inimmaginabile
una posizione orizzontale e si assopì emanando un rumore simile a cavernosi grugniti
come provenienti da oscure voragini di mitiche leggende vulcaniche. Il rombo
era tale che fu necessario pensare al modo di coprirlo. Ogni strumento musicale
venne subito attivato, la radio dava le notizie a tutto volume e la televisione
mandava in onda telefilm e pubblicità senza intervalli, in breve la casa era
simile a una bolgia infernale dominata da un frastuono assordante. Mauro corse
al cancello ad allontanare i curiosi attratti dal baccano,adducendo pretesti
improbabili di prove acustiche musicali importantissime per verificare la cassa
di risonanza della nostra abitazione. Fu una miserabile giustificazione, ma
chiudendo a chiave il cancello lasciò fuori la gente e i loro commenti malevoli.
Finalmente, in preda a un sonno
profondo,si attenuò anche l’emissione gutturale,e abbassammo anche gli
strumenti sonori. Fu una pausa che ci sollevò alquanto, ma la paura del
risveglio ci preoccupava nostro malgrado. Prendemmo la notte come una coltre che
ci avvolgesse proteggendoci e ognuno si accovacciò alla meglio in giacigli
improvvisati, chi sul divano chi su i tappeti. Stanchi e storditi rimandammo
ogni decisione al domani . Il risveglio ci avrebbe illuminato sul da farsi. Ma
non andò così.
Nel cuore della notte senza luna,un
boato ci catapultò da quei giacigli scomodi, la casa che era senza fondamenta,
scricchiolò, il panico ci travolse inebetiti. Riuscimmo a scorgere, durante la fuga che pensili e
credenza cadevano a pezzi.
Il panico fu pari allo sgomento. Guadagnammo
la porta e fu una fuga a gambe levate, una fuga scoordinata mirata a scampare
un pericolo immanente e incontrollabile.
Ognuno seguendo il proprio istinto di
conservazione prendeva la direzione più consona alla propria salvezza. Di lì a
poco si udirono sirene spiegate,auto che sgommavano e frenavano a gran
velocità, insomma, un finimondo!
Intorno alla casa in poco tempo ci fu un
caos di forze dell’ordine, pompieri, agenti, ambulanze
E quant’atro immaginabile.
Nel paese, l’accaduto,ebbe la naturale
risonanza, nei circoli, nei bar nei salotti non si parlava d’altro, ognuno raccontava ’’ sui proprio’’ ‘ della
vicenda .Mille versioni soggettive e suggestive animavano la piazza principale
della borgata, fino a quando, com’è naturale, il tutto andò in dissolvenza e si
passò ad altri avvenimenti. Però rimase un mistero per tutti.
La casa mezzo diroccata fu poi venduta
sottocosto per via della leggendaria dispensa.
Di noi e della nostra famiglia non si
ebbe più traccia.
Per quanto mi concerne, per un anno
intero sognai elefanti e pachidermi,e a nulla valsero le sedute dallo
psicanalista che, ben presto, furtivamente ma con eleganza si defilò dall’impegno. La verità è che rimase scosso e impressionato
dal mio racconto ed ebbe timore e discreta paura di estorsioni e coinvolgimenti
di varia natura. Ma non fu solo lui a
defilarsi con garbo , ma anche tutti quelli che seguirono .
Più avanti mi colse la fobia di
ingrassare ed ebbi per molto tempo l’idiosincrasia alle dispense ma anche agli ascensori
e agli sgabuzzini in genere. L’ultimo
medico diagnosticò sarcasticamente e ipocritamente: Claustrofobia. Fu allora che, delusa, abbandonai ogni
terapia di quel genere.
I ragazzi non si ripresero più e,
ognuno,autonomamente,seguì la propria strada.
Mauro, partì per l’Africa per studiare i
comportamenti degli animali in cattività e dedurre le reazioni scientifiche. Ebbe,seppi, grandi
riconoscimenti di validità in quel campo, tanto che di lui si parlò in diverse
riviste settoriali.
Il più piccolo, Gianluca, divenne
scrittore di fiabe e convinse se stesso e gli altri dell’esiguo confine tra la
fiaba e la realtà. Scrisse racconti
incredibilmente surreali e interessanti per tutte le età, alla stregua di Alice
nel paese delle meraviglie e anche di Franz Kafka, a mio avviso.
Bamby,
allora “Bambolina”, la più
piccola divenne antropologa e, in quanto tale, fece le sue ricerche sull’umanità attraversando oceani e
raggiungendo terre lontane per meglio comparare
I “modus vivendi” degli inquilini del
pianeta. Soggiornò in lussuose pagode ma verificò la vita anche nei pittoreschi
mercatini sul Mekong. Arrivò anche in Alaska dove scoprì che i pinguini avevano
uno stile di vita più dignitoso degli umani.
Dopo aver sviluppato studi in oriente e
sul polo, raggiunse le popolazioni tribali dell’America e fu talmente
affascinata da quei luoghi e dai costumi
che vi si prese la cittadinanza.
Da allora non ho più notizie ma il cuore
mi dice che lì ha trovato la sua ideale dimensione. Chissà!
Mai più ci rincontrammo fisicamente
tutti insieme. Credo per una implicita intesa: Paura di ricomporre tutte le
tessere di un mosaico da dimenticare.
Tuttavia, ci sentiamo di quando in
quando telefonicamente e, in quei momenti, sentiamo Il fluido dell’affetto che
mai ci ha diviso ,e che la lontananza è un vincolo fortissimo che ci tiene uniti
all’infinito, nel bene e nel male.
Se avete visto un tizio strano a cavallo in giro per Milano, è Django! Sarà su Cielo (DTT 26, Sky 126, TivùSat 19) in prima visione assoluta in chiaro, il prossimo mercoledì 15 ottobre
RispondiEliminaCorre voce che abbia occupato un' altra dispensa!
EliminaQuesta catastrofica vicenda è profondamente umana
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