Prima tappa: Central Park
Impareggiabile la nostra guida, Giovanna. E’ nativa di Ferrara ma vive da 26
anni a New York. Ci ha trasmesso in questa veloce escursione,tutta la sua
devozione per questa città,si capisce che la ama. Ne conosce ogni angolo ,ogni
stradina,sa dove cadono le foglie, dove va a finire il tuo pensiero, percepisce
con felicità il tuo stupore mentre cammini con lo sguardo perso verso questo
strano cielo incorniciato di pareti a quadretti,dove la luce, nei pertugi tra
una pagina e l’altra,gioca rimbalzando sui vetri.
Sono le otto e trenta del
mattino,mentre in Italia il mondo è già a tavola, noi ci siamo appena svegliati
e ci lasciamo alle spalle l’albergo: al di là della strada ci attende una
limousine taxi che occupa tre terzi del marciapiede e che Giovanna ha fermato
al volo.
Ci accomodiamo e, mentre
la nostra guida dà disposizioni all'autista sulla destinazione, noi ci scambiamo occhiate che sono tutte un programma e che non necessitano di parole.
Giovanna ci aveva
esaminato bene la sera prima,quando è venuta a prenderci all'aeroporto.
Ha capito che volevamo
vedere il meglio e in poco tempo, appena un giorno e mezzo.
Gambe! Ha detto, ci
vogliono gambe e cuore naturalmente. Così ci ha voluto far assaporare in
anteprima,un tocco di magia,il sogno vero o la realtà fantastica di questa
città prestigiosa sofisticata ma pure umana, al di là dei suoi mille piani
proiettati verso il cielo.
Ci ha condotto dunque al
Central Park che spacca in due il cuore di New York e pure
quello dei newyorchesi
per riavvicinarli a respirare con tenerezza l’autunno più incantevole del
mondo,quello immortalato da Frank Sinatra tra le righe di ‘’ Autunno a New York
‘’
Qui l’autunno è un gioco
di maestria impareggiabile,dipinto in una realtà impareggiabile da un pennello
di elevata arte. Tra la nebbiolina diffusa appare un collage aereo di colori crepuscolari
dove le foglie si spengono tra una moltitudine di sfumature e, interpretano il
ruolo più rilevante nel tema autunnale. Vivendolo così in prima persona, questo
spettacolo, ho capito d’aver capito perché nessuno resista al brivido che ti
percorre dinanzi alle cose che si impadroniscono di te lasciandoti incapace di
opporti, e tali cose ‘più grandi’ comunicano con te.
Dolce, sofisticata,New
York diffonde dal suo parco,come un essenza, questi sentimenti per tutti coloro
che vi vivono ma di più per quelli che sopravvivono in una intesa collettiva che
fornisce loro un legame di umanità fraterna. Ad ognuno dà un illusione di
serenità sotto forma delle sue mille sfumature dei suoi colori,e della luce che
esprime le sue variazioni
cromatiche. E’una
concorrenza di movimenti ,di aliti di
vento,di luci, di cristalli, di riflessi. E’ un sorriso enigmatico di Monna lisa
impercettibile e presente.
E’ la vittoria della
solitudine,quella vera,che accampa la sua piccola tenda in un angolino di
ognuno di noi.
Uno specchio di
lago,raddoppia gli effetti capovolgendo il cielo, mentre piccoli scoiattoli ci
attraversano timidamente la strada. Ho la testa satura di emozioni, gli occhi
che strabuzzano da un punto cardinale all’altro, anche i sassi sono belli, ne
raccolgo uno;
Ci scriverò: Autunno a
New York, mi servirà a farmi rivivere questi istanti.
Circolano le biciclette e
i pattinatori ai quali,per un tacito accordo, non si può interferire la corsa.
Giovanna ci guarda con un sorriso,mentre il passo ci affanna,e ha l’aria di prometterci
altre emozioni ma non si lascia andare in spiegazioni. Tutto sarà imprevedibile proprio come lei.
Il tempo stringe, anche
se qui, le giornate sembrano più lunghe (forse lo sono) e il parco non è per
chi ha fretta... Ce lo lasciamo alle spalle pronti ad assaporare altre rare
sorprese.
Ci inghiotte il metrò,il
treno velocissimo raggomitola distanze lunghissime sulle sue
ferraglie rumorose. Siamo
subito nel quartiere di Harlem. Pericolosa e affascinante ne
percorriamo le varie
fasce italiane,cinesi,spagnole,negre ed ebraiche,ognuna col suo
capitolo di peculiarità,
di storia e di aneddoti che Giovanna ci racconta strada facendo
La padronanza e la
sicurezza che lei ostenta ci rende invulnerabili, al suo fianco siamo dentro
una sorta di perimetro protetto. Scambia frasi, a noi incomprensibili con
questo o quello e procede disinvolta, sembra conosciuta e rispettata nell'ambiente.
Ci aveva precedentemente
ammonito di avere un passo deciso, la borsa ben stretta sul
davanti,un abbigliamento
casuale ma soprattutto nessuna aria da turista spaesato.
Giovanna ci parla,lungo
il cammino, degli ‘’Spiritual e ci
informa che si tratta di un
culto religioso della
gente di colore ma che accampa proseliti anche di razza bianca e di tutti
coloro che abbiano fede fervente in Dio e Gesù suo figlio naturale. Il culto
risale all'incontro degli schiavi afro-americani con la religione cristiana che
stillò nei loro cuori qualche barlume di speranza e i primi segni di ribellione
allo stato di schiavitù. Poiché oggi è domenica,giorno di funzione, Giovanna ci
indica a gesti discreti i fedeli che si recano alle loro chiese; Sono gruppi di
famiglie di colore, vestiti in abiti di impeccabile eleganza gli uomini, e
curiosissimo l’abbigliamento delle signore, per la maggiore sono grassocce e
prosperose. Ma il look scioccante sta nel capellino vistosamente colorato, con
o senza veletta e ornato da sgargianti
fiori di tessuto o di carta,o di penne di uccelli o di grappoli di
frutta pannocchie o farfalle o quant'altro mai di impensabile.
E, ci informa
Giovanna,che esso è il simbolo che risale al tempo dei tempi,alle loro origini di
schiavi ed è di monito alla libertà individuale. Ecco una chiesa,Giovanna ci
invita ad entrare. Siamo curiosi ma un poco scettici: andare in chiesa a New
York ci pare eccessivo, noi che la frequentiamo ben poco in casa nostra. Ma lei
è decisa e ci spinge dentro.
Restiamo coinvolti e
stravolti dalle diversità umane. Il primo impatto entrando è quello del rispetto
per l’ambiente,una sensazione di gravità ci percorre,senza volerlo, non si
bisbiglia, si resta bloccati in un silenzio interiore. L’intensità della fede che anima queste
persone è davvero autentica. I canti di ringraziamento a ‘JESUS’
per il proprio
esistere,per l’usufruire della luce del sole,per le sofferenze finite,per le
tribolazioni passate,sono elevatissime: non lasciano alcun dubbio che Dio le
abbia udite. Un rappresentante di Dio,prete in terra,non gode più luce di
costoro. Le loro invocazioni,i loro ‘grazie’attraversano le pareti e si
allargano a tutto l’universo,essi non sono più se stessi,sono al di là della
loro pelle come in un fenomeno di estasi collettiva. E mentre tutto questo
accade a noi ci percorre un brivido lungo la schiena che è il biglietto di
partecipazione ,l’unico che ci venga richiesto.
Usciamo,la strada ci
sorprende imbambolati, Giovanna sorride,sembra soddisfatta,
in qualche modo ci fa
intendere che ci trova simpatici. Manco a dirlo,l’intesa è reciproca.
Lei è anche carina e fa
finta di non avvedersi delle soste clandestine di Ugo sui pali del semaforo,
che mi suggeriscono piedi straziati e che non faccio fatica ad immaginare.
La maratona continua,fra
poco conosceremo ‘Francos Blod’ il Picasso di Harlem.
E’ lui un colosso di due
metri di colore nero. Sta tra Armstrong John e Sydney Poitiers, è il più grande
decoratore di Gates of Harlem, ovvero
delle serrande dei negozi.
Giovanna ci ha presentato
,e lui ci saluta come vecchi amici abbracciandoci.
La domenica mattina e i
giorni festivi,il centro commerciale chiude i battenti, privando la città della
sua fonte di animazione che è il via vai della gente che curiosa di vetrina in
vetrina. Quando queste
sono sbarrate da pesanti saracinesche di ferro,l’effetto grigio è
ancor più deprimente. E’
a questo punto che Franco è brillantemente intervenuto a dare un tocco magico all'isola di Harlem. Sfruttando le sue naturali doti di pittore ha
trasformato il grigio
squallore di ogni serranda in una magica finestra sul mondo favorendo coi suoi
temi pittorici, l’occasione di risvegliare tematiche sociali, allegorie
fantastiche spazi interplanetari, moniti di fratellanza e mille altri argomenti
di interesse sociale e
culturale. Animando
la città, l’ha resa gaiamente ,una grande galleria d’arte all'aperto dove la
gente. Prendendo spunto dalle sue simbologie ,trova
motivo di scambio di opinioni di sorridere e
di scottarsi le dita tra una caldarrosta e l’altra proprio come sta succedendo
a noi. Franco, nel giro di pochi minuti,ci ha baciato e abbracciato, ci ha
lasciato il suo autografo e ci salutiamo con la promessa di una sua visita a
casa nostra dove lo attende la serranda del nostro garage.
Una pizzetta,una coca
cola, un surrogato di caffè è il pasto frettoloso consumato in piedi.
Di fronte abbiamo il
ponte di Brooklyn e in lontananza vediamo la statua della libertà, dietro la Chinatown
sfavillante. Arriviamo in una piazza,un orologio sul cucuzzolo segna a grandi
numeri le 19 e 30, non so se ai celesti o ai terrestri, ma la cosa che realizziamo
con immediatezza sono le panchine. Si tratta di un ispirazione collettiva, a
quanto pare, perché ognuno punta la più vicina. Sono pulite e spaziose ed io mi
ci sdraio. In posizione supina scorgo ancora grattaceli e grattaceli e voglio
farne entrare uno dentro il mirino della la mia macchina fotografica.
Mi pare doveroso portare a casa quest’ultima
istantanea dato che la festa
sta volgendo al suo
epilogo. Vorrei essere un vagabondo, mi penso, e parcheggiarmi una notte,in
questa panchina,i grattaceli sembrano grandi camini accesi e non soffrirei il
freddo, le magliette che ho comprato per me e per gli amici,con su scritto:New
York mi faranno da cuscino e domattina
un cameriere in livrea,mi apparirà premuroso: Good morning! Ecco il suo caffè
signora vagabonda! Desidera le uova al bacon? In effetti ho un buco nello
stomaco, mentre il cuore si riempiva di emozioni quello si svuotava dei
consueti approvvigionamenti. Ora stravedo parzialmente; Il bello nei film è che
non si deve mai attendere quando si passa da un azione ad un'altra protratta
nel tempo. Il nostro regista è invece cinica e prima di farci arrivare al
ristorante ci fa passare in albergo a rinfrescarci e a cambiarci gli abiti
sudati, ed è così lontano il ciac della ripresa del tavolo apparecchiato, che
quasi svengo.
Il ristorante è cinese, avremo
tempo per la cucina italiana, mi conforto,forse è un inizio di nostalgia,ma non
di quella tradizionale, ho nostalgia di quanto è appena trascorso. Sebbene
tutte le emozioni siano ancora calde qui dentro, tuttavia già mi incalza la
malinconia delle cose che stanno per finire e che avrei voluto prolungare
all’infinito.....Mi destreggio male coi bastoncini cinesi e chiedo a gesti una forchetta
a un cameriere minuscolo e che mi fa tanto pensare a una mandorla.
Giovanna è invece molto
abile e Ugo la scimmiotta con disinvoltura. Tempo sprecato, penso,è già uno
strazio il pasto e non comprendo nulla di quello che mi porto alla bocca, qui
non esiste il coperto di pane fresco da divorare all’istante,non è lo stesso
con il riso.
Credo tuttavia opportuno
di far buon viso a cattivo pasto così sto sull’ironico,mentre
guardo Ugo divorare
avidamente tutto quello che passa Mao, il buon Dio cinese.
Fuori è mezzanotte,non
vedo lune né stelle,probabilmente ricusano le altitudini dei tetti di cristallo
e si sono eclissate altrove. Il soffitto ha il colore del piombo. magari gli intrugli
cinesi che abbiamo appena ingerito, hanno distorto un po’ la realtà; ciò che
prima era vicino ora mi appare lontano. E’ l’ora del commiato e la piccola
grande avventura sta per concludersi. L’ansia del rientro uccide questi ultimi
istanti perché il distacco è triste. Fortunatamente una leggera sbornia rende
più disinvolta questa chiusura, ma da qualche spiffero di lucidità esala la
necessità del rientro al vecchio sillabario delle cose di casa nostra.
Ero andata quasi perdendo
memoria e gusto dell’uscire fuori della propria città, ed ora sono paga d’aver
cavato da questa avventura qualche momento di felicità per riamare questa
inverosimile vita,e ne ho avuto un insperato risarcimento che avrà,anche
postumo, uno scopo terapeutico nella semplice rievocazione dello stesso, se pur
condita da una febbre di nostalgia. Dunque è vero che fuori dal nostro contesto
abituale,il mondo ha straordinari messaggi e lune diverse dall'ordinario quotidiano.
NEW YORK 28 /10 / 89 Gabri