BALDOVINO
gatto oriundo della Persia. Lui non era
un mio nemico giurato come vuole la tradizione popolare. Soltanto un pochino,
in principio, ci fu qualche segno di intolleranza ma che poi col tempo andò
appianandosi non so se per pigrizia o per tacito armistizio. Tuttavia la nota
prassi sul binomio gatto-topo si svolgeva regolarmente tutti i giorni ma in
toni diversi. La stessa pratica divenne l’unico modo di vivere insieme senza
sbranarci. Lu mi dava la caccia in continuazione e io gli sfuggivo perche
dovevo fare il topo. A volte mi propinava certe zampate da farmi ruotare come
una trottola e poi restava in attesa, finita la giravolta,di godersi la mia
fuga precipitosa verso la tana. Per non dire quando mi tratteneva la coda con
la zampa per poi, vincitore, lasciarmi libero. Spesso gli finivo gli avanzi
della sua ciottola e, a volte avevo la sensazione che me li lasciasse di
proposito.
Pensai che in fondo gli
piacevo. Un giorno, gattone Romeo ha deciso di espatriare definitivamente, non
so dove, non ha lasciato ne’ indirizzo ne’ recapito né niente. Defilato all’improvviso. Ho anche pensato che
io per gioco, forse lo infastidivo e lui mi abbia frainteso, così lui se ne è
andato alla chetichella. Ahimè, gatto Romeo mi piaceva e soprattutto era
morbidissimo quando gli dormivo sopra. Speriamo che torni! Qui non gli mancava
niente: di topolini era pieno l’orto, e ci avevamo anche un gazebo per dormire
e pasti assicurati ogni giorno e la notte..la notte c’era anche un club pieno
di amici e anche stranieri, persiani, siamesi, soriani angoriani e quant’altro.
Ricordo che quando rientrava dai bagordi era sempre un po’ alticcio e si
infilava dritto dritto nel suo lettuccio ed io con tenerezza gli riallisciavo
il pelo tutto scomposto. Ora che sono rimasto solo e senza amici mi son fatto
una password nel PC di casa e chiedo notizie a tutti e a ‘’Chi l’ha visto? ‘’ Mi tiro foto e gioco col mouse che non è un topo di quelli che si acchiappano e poi si
mangiano, è un topo tecnico, istruito e laureato immagino, ma non
commestibile. Sentendomi molto solo,
praticamente orfano, ho deciso di dare una svolta alla mia vita, ho trovato un
buco e mi ci sono infilato per ispezionarlo. Completamente fradicio e
imbrattato di polvere e calcinacci ne ho
raggiunto finalmente l’uscita. Davanti a
me uno stanzone tutto scaffalato pregno di cartaceo. Siccome ero stanco, mi
sono sdraiato sopra un libro ammuffito per riprendere fiato. L’odore era buono
e l’ho rosicchiato un po’ per inerzia un po’ per abitudine. Ma durante la masticazione di quelle parole ho
pensato alla linea nel caso decidessi di tornare indietro da quel buco, così
presi a considerare tutti i punti e le virgole come piccole pause tra un
boccone e l’altro per non caricare troppo lo stomaco e mantenermi agile per
ogni emergenza. Li per li scoprii che anche le consonanti e le vocali avevano
sapori diversi. Mentre consideravo tutto questo, ogni tanto ripensavo a Romeo,
mi mancava! E in quella solitudine immensa tutta per me, all’improvviso ho
capito che quando lui mi punzecchiava era perche io ero stupido. Solo che
allora non lo sapevo. Finito quel libro che avevo ormai ridotto in poltiglia,
andai alla ricerca di un altro giaciglio cartaceo. Ora però avevo più esigenze.
Mi prese voglia di libri casalinghi,
magari di ricette o storielle. Non mi fu
difficile trovare quello scomparto, che riconoscevo dalle copertine colorate. Ne
avvistai uno in alto in alto, comodo anche per la visuale panoramica completa,
nel caso di intrusioni di qualunque genere. Stavo diventando guardingo e
riflessivo, le parole che masticavo le
assaporavo bene in bocca non solo per sentirne il gusto ma anche per catturarne
il significato. Una volta sono incappato in una frase di un certo signor
Einstein che mi colpì particolarmente, suonava così : l’uomo ha scoperto la bomba atomica però
nessun topo costruirebbe una trappola per topi. Perbacco! Squittii e fui subito preso da ammirazione
per questo signor Einstein così incisivo, e sentendomi
poi anche chiamato in causa per l’allusione alla nostra categoria di cui
ero un esemplare, cercai di figurarmelo anche fisicamente e lo immaginai con la
fronte ampia, gli occhiali spessi e i capelli scompigliati causa il vortice di
pensieri geniali. Nello scaffale
affianco notai un altro titolo che mi sembrò allettante, lo raggiunsi con un
salto. Toponomastica dei fori romani Eccitatissimo ma anche un po’ ingannato dalle
analogie dei termini, presi a rosicchiarlo con grande interesse. I fori romani! Chiese, sotterranei,
catacombe, tutte piene di fori! Pensai a
quanta fortuna avevano avuto i sorci dell’epoca e che vita quei miei antenati,
tra imperatori, gladiatori e quel tale Nerone.. A giudicare dai fori numerosissimi dedussi che la densità
dei piccoli abitatori miei simili doveva essere notevole e, certamente non
c’era carestia di alloggi. Confesso che, di primo acchito, per via della parola
composta, avevo equivocato nella lettura del titolo e avevo pensato alla
ricorrenza sul calendario del proprio nome di battesimo cui poi seguivano i
festeggiamenti secondo l’uso. L’onomastico insomma! Così ebbi un attacco di tristezza per la
totale assenza di amici e vomitai tutte le lettere e, ricomponendole ne afferrai la giusta interpretazione come da
sopra scritto. Ad ogni modo questo ‘qui pro quo’ mi servì a non essere troppo impulsivo e più
attento ai bisensi. (alla semantica) Preso da una curiosità incontenibile, saltavo
da uno scaffale all’altro, sentendo che con questa ginnastica smaltivo il cibo
che assumevo e lasciavo posto alle nuove masticazioni che erano si, di nutrimento allo spirito ma, talvolta mi
soffermavo a pensare ad altri cibi del passato e soprattutto ai teneri avanzi
nella ciottola di Romeo con stringente nostalgia. Quando mi assalivano questi
ricordi, mi rendevo conto di avere ancora un cuore pulsante e che , questa mia
attività, sia pure intelligente, di frugare nelle cose del mondo, in fondo non
era che una copertura ai miei stati d’animo, alla consapevolezza di essere
semplicemente un topolino da biblioteca, mentre il mondo dei miei simili si
svolgeva altrove. Altresì sapevo anche che questi momenti erano spesso
l’effetto delle letture dei testi di filosofia, di Kant, Cartesio, Kirkegord e
quel pessimista di Schopenhauer e Pascal
e Platone e quest’ultimo che, relegato nella sua caverna, vedeva passare, come
la proiezione di un film a tre dimensioni, l’idea del mondo. Per sottrarmi ai
momenti di malinconia, conoscevo un infallibile antidoto: trasferirmi nel
settore della matematica e della fisica. Pitagora mi seduceva coi suoi seni e coseni e il suo
più famoso teorema che sviluppò un
giorno nella sala d’aspetto del suo maestro Policrate, osservando una
piastrella quadrata nel pavimento che appariva filata lungo la diagonale e che
tolse la pace a milioni di scolari della scuola media. Ma anche Archimede il
brillante fisico che uscì nudo dalla vasca da bagno e si mise a urlare nelle
strade di Siracusa : Eureka! Eureka! Lui, che chiese una leva per
sollevare il mondo. Per non dire di Talete con la sua fissa per le ombre che
usava al posto del metro. Geniali! Molto bello e affascinante il mondo
descritto nei libri, frutto di studi assidui, coltivati con passione da chi
vuole mettere a disposizione di tutti la propria scoperta e la propria ricerca.
Grande l’apporto alla conoscenza dai più dotati di genialità, uomini speciali
che hanno rivolto la mente e lo sguardo aldilà dei suoi confini. Cervelli fini
che ci aiutano a vivere con consapevolezza la realtà che ci circonda. Un faro
in questa meravigliosa alchimia che è il mondo. Queste le considerazioni, soprattutto
la notte, quando al silenzio della sera si aggiungeva quello solenne dei libri.
Ma al ridivenire della luce, le cose appaiono più raffazzonate, meno mistiche,
a giudicare dai rumori e gli schiamazzi che mi giungevano dalla strada. Dietro
la saracinesca metallica, risuonavano le pallonate e i sassi scagliati contro i
vetri delle finestre. Il silenzio di tutte quelle opere scritte avevano un
contradditorio che proveniva dall’altra realtà quella del tran-tran quotidiano,
l’ordinario vivere. Ricordo di aver letto da qualche parte che ogni medaglia ha
il suo rovescio. La legge degli opposti.
Pioveva a dirotto un giorno,
dai vetri vedevo illuminarsi il cielo di lampi e il frastuono dei tuoni faceva
tremare l’ambiente e svolazzare le pagine dei libri. Conoscevo, per averli
letti, questi fenomeni naturali, ma la manifestazione reale degli stessi mi
sconvolse. La teoria si rivelò ben diversa dalla realtà in opera.
Io non ero mai sceso nel
pavimento del locale, mi limitavo, come ‘’Il
barone rampante’’a muovermi sugli
scaffali posizionati sulle pareti a circa un metro e mezzo da terra. Non
scendere mai era stato il mio proposito
iniziale. Ma quell’acqua che filtrava da sotto la saracinesca mi indusse a
scendere per abbeverarmi perche la disidratazione cominciava a produrre i suoi
effetti sul mio corpicino. Fu allora che mi accorsi di non essere solo in
questa avventura : Una topina spaventata guizzava su e giù disorientata. Fu a
questo punto che la mia vita di topo edotto prese un’altra direzione ancora
sconosciuta : quella di topo innamorato! Il seguito fu di una nidiata di topini
che guidavo all’istruzione e che mettevo in fila compatta a seguire le lezioni
e una madre premurosa pronta a stimolarli all’attenzione.
Certo, ora la vita aveva
assunto un’altra dimensione, la famiglia è sempre un impegno importante e
dovevo tener d’occhio i ragazzi e la loro educazione, ma non trascurai mai le
letture.
Non avevo segreti per Faby,
cosi gli raccontai della mia vita di prima di scegliere la solitudine dei
libri, quando ero un semplice topo domestico, ignorante e irresistibilmente spensierato.
Allora bastavo a me stesso e Romeo, il caro dolce Romeo rappresentava il mio
piccolo mondo a nascondino. Niente e nessuno poteva scalfire questa favola vera
che avevo vissuto di ‘’ persona
personalmente’’come era solito dire il poliziotto Catarella nel ‘’il
commissario Montalbano’’ nel suo siciliano d’oc. quando ogni martedì
guardavamo la TV, ignari i padroni di casa, della mia presenza clandestina,
sepolto come ero sotto l’ascella pelosa di Romeo, complici e felici insieme. Ma ogni
volta che accennavo a questi ricordi, avevo la sensazione che lei, pur
ascoltando in silenzio, non gradisse le rimembranze del mio passato, anzi ne
apparisse assai turbata. Mi preoccupai naturalmente e, decisi di scoprire quale
corda del suo intimo andavo a toccare
con i miei racconti. Mi avvalsi allora dei testi di ‘’ Psicoanalisi’.’ Sigmund Freud mi fu di grande aiuto. La
sua teoria consisteva nel far riemergere nella mente del paziente il trauma
subìto e portarlo alla liberazione dei ‘fatti’ repressi. Una sorta di rimozione
e rivisitazione serena degli stessi. Mi misi allora, di buzzo buono, a fare il
medico improvvisato, animato come ero dal grande affetto che nutrivo per lei.
Raccolte dal testo tutte le istruzioni per l’uso, instaurai all’uopo, lunghe
chiacchierate con Faby e, un po’ alla volta venni a capo del suo problema di
fondo. Perbacco! Squittii durante una seduta, qui gatto ci cova! E mi senti
vicinissimo all’origine del qui bus. Un bel giorno Fabiola, sputa che ti sputa il rospo, cominciò a
sentirsi alleggerita dal macigno che la opprimeva.
Dal nostro dialogo, mi resi conto
che lei aveva avuto un altro vissuto in materia di felini, conservava ricordi
drammatici nel suo inconscio. Quando viveva per strada spesso veniva aggredita
dai gatti randagi che la costringevano a fughe precipitose. Spesso non trovando
di meglio, si doveva infilare nei tombini maleodoranti delle strade e cercarne
poi di rivenirne fuori gronda di melma e altre schifezze. Solo nell’ultima
disperata fuga ebbe la fortuna di trovare il provvidenziale buchetto tra il
muro e la saracinesca che la portò qui dentro e permise a me di incontrarla, o
forse fu proprio questo il prezzo del lieto fine?
A me restava il compito di
riabilitare la reputazione dei gatti, ma questo sarà un capitolo a parte che
prima o poi vaglierò consultando i libri specifici o forse più filosoficamente
chiuderò il discorso con un laconico: ‘C’est la vie’
Pur senza pretendere il
cervello di Einstein, io ci ho provato a capire le cose, e questo ho capito :
che la lettura è una chiave che apre molte porte.
Baldovino Romeo
gabri
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