VOLEVO UN MASCHIO
Io lo osservavo di nascosto, lui
che piallava, con mano esperta ,tavole di legno in falegnameria. Mi piaceva
quel profumo di taglio fresco e i
trucioli che cascavano lentamente sul pavimento. Sembravano riccioli biondi. Se
mi avesse scoperto li nascosta dietro un trave, mi avrebbe squadrato con
disgusto, uno sguardo che mi riservava spesso: aggrottava la fronte e storceva
il labbro inferiore, e senza proferire parole, mi annientava nella persona e
nell’animo. Io allora scappavo a nascondermi. Se avessi osato dire
qualcosa,forse mi avrebbe riempito di botte.
Ma non l’aveva mai fatto, sebbene l’avrei preferito a quello sguardo che
mi fulminava e a quel sorriso bieco sotto i baffi a spazzola.
Era inspiegabile per me, bambina,
quella reazione così sproporzionata rispetto all’entità inesistente della mia colpa.
Ma finii per accettarlo come naturale rapporto tra padre e figlio. Poco sapevo di come
scorreva la vita tra le pareti delle altre case, a parte qualche sospetto che
mi assaliva di tanto in tanto. Il mio mondo domestico era un fortilizio a
regime di carcere, e lo percepivo come un sapore d’agrume sia pure
inconsapevole. Il giorno in corso era identico a quello appena passato, stesso
ritmo stesse paure Io, topolino, ero persino diventato astuto a scansare ogni
incontro col ‘gatto‑ padrone: per questo avevo studiato nascondigli dove scomparire quando
lui compariva, e lì consumare quell’insopportabile inerzia misurata in giorni,
ore settimane sempre uguali.
Un isola nell’isola, mai ospiti,
mai visitatori: ogni giorno ucciso da uno spietato niente di nuovo. Una
distrazione io però l’avevo trovata. Non esiste libertà che la necessità non
sappia inventarsi per fuggire dal ‘nulla’ e uscirsene con un pretesto e
andarsene lontano come chi non sa dove
andare ,è come un salvagente che ti consente di non annegare : Era una finestra da sempre sigillata di uno
sgabuzzino,sbaganaio di roba vecchia da sempre ignorato. Al di la di quel vetro, c’era un piccolo cortile sgocciolatoio di acqua
piovana ,e sorpresa ! una forma di vita: due gatti ! Non floridi di aspetto ma
pur sempre uno scorcio di esistenza
rubato,un infrazione alla regola del ‘nulla’.
Riportato il vetro alla sua
naturale trasparenza ,io non mi stancavo
di guardarli con la voluttà quasi ossessiva
di sfiorarli con una carezza sul dorso scarnito. Era il mio cinema
privatissimo,un evasione al ‘nulla’. Loro bighellonavano pigramente o
scomparivano dietro una catasta di legname poggiato li in attesa del loro turno
in falegnameria. Intanto studiavo un sistema per prodigarli di cibo..Un idea
già ce l’avevo in mente: l’ultimo
vetrino in alto sulla finestra , come raggiungerlo era in fase di elaborazione. Tutto andava fatto con circospezione, un
errore mi sarebbe costato un castigo, se poi il delitto era flagrante, non
osavo pensare alle conseguenze, alla punizione per darmi una lezione che fosse
peggiore del peggio. Al momento i due gatti godevano della mia totale amicizia.
E venne il tempo della scuola dell’obbligo. La
pratica dell’iscrizione venne eseguita come un evento che non riguardasse la
mia persona. Mi ritrovai ‘scolara’ secondo le leggi vigenti senza esserne
coinvolta, come un oggetto inanimato, come un mobile da spostare da un interno
a un esterno…
L’ anziana domestica mi prese per
mano e mi spostò da casa all’immenso piazzale
prospiciente la scuola,in mezzo a una folla di bambini, anche loro
accompagnati da qualcuno, con sotto il cappottino il grembiulino bianco e il fiocco rosa o blu : un panorama
nuovo nuovo . Fu come uscire da una stanza buia e vuota e scoprire che il mondo era li dietro la porta, a due
passi ,da sempre. ..e a mia insaputa. Ed era un mondo animato di bambini e
bambine come me, salvo che loro erano allegri e chiassosi. Io , lasciata sola nel grande piazzale, restavo immobile, incapace
di realizzare quanto avevo di fronte. Un
signore poco distante, in camice blu con una specie di tromba che portava alla
bocca,dava disposizione ai maestri per la formazione delle classi e pronunciava
a gran voce, di volta in volta, il nome e cognome dei bambini che il genitore poi accompagnava nell’area
stabilita. Io trepidante aspettavo il mio turno di chiamata . Anch’io,
a momenti, sarei diventata ‘ qualcuno ‘ con nome e cognome. Perciò ero
attentissima ,ero tutta e solo orecchie. e quando udii il mio nome echeggiare nell’aria fu come un
riconoscimento, coram populo , che io
c’ero, esistevo. Quasi incredula
,ebbi un sillabario ,pennino,quaderno e
calamaio. Tutto l’occorrente di ‘’ scolara’’ Inaudito ! ero diventata qualcuno o qualcosa,
non capivo ancora bene…
a – i –e –o –u erano le vocali ,
1 – 2‑ 3‑ 4 ‑5 erano i numeri. Fu
la prima scoperta , l’alfabeto, le parole I pensierini….un mondo
sconosciuto. Le nuvole avevano un nome,
una cosa sola era singolare, più cose Erano
plurali, il giorno si divide in mattina ,sera, notte e sono fasi diverse. Le
ore sono 24 ,i mesi 12 e altro ancora. Era questo essere ‘’ scolari ‘’,
apprendere tutte queste nozioni che, candidamente ignoravo . E’
stato come se all’improvviso, il lume a candela venisse sostituito dall’elettricità.
Tutto fu subito luce, un Inondazione di luce, e , ne fui ipnotizzata ! Pensai
allora che, sei anni vissuti nell’oscurità fosse stato il prezzo da pagare per
scoprire tutto questo. Ero serena e appagata,finalmente, e soprattutto
curiosa,e non mi nascondevo più. I
grugniti e le occhiate di mio padre non avevano più efficacia, ne’ mi
impaurivano più. Avevo altro di cui occuparmi:
il quadernetto a quadretti ,la magica
penna che traduceva,all’istante,i miei pensieri in parole. Di tutto ciò,cominciò
ad avvedersene anche lui e calcolò il
cambiamento come perdita di autorità.
Smise i suoi biechi sguardi
intimidatori e li trasformò in ‘indifferenza’. Ma risultò una guerra persa.
Il Padre‑padrone fu
detronizzato da uno scricciolo di
ragazzina che aveva preso coscienza di essere persona pensante. L’autorità
vacillava e forse gli apparivano i primi segnali della sua inadeguatezza .
Lui non sapeva niente delle
vocali ne’ delle consonanti, ne’ del singolare ne’ del plurale e quando percepì
queste lacune per lui fu una sconfitta, per me una rivalsa condita di pietà. La mattina la trascorrevo a scuola, il rientro
e il pranzo,momento di incontro, era veloce
e silenzioso. Qualche momento,
con le dovute precauzioni,era per i due gatti del cortile segreto che con fusa e
miagolii mi festeggiavano. Ora erano ben nutriti e vivaci e li avevo chiamati
Alfa e Beta.
Le lodi della mia maestra,qualora
incontrava per strada mio padre, lo lasciavano perplesso. Non si aspettava
questa faccia della medaglia e taceva per non perdere la reputazione di padre.
Conclusi i miei cinque anni di
scuola elementare con buon profitto e una pagella esemplare e, la legge fu ancora
dalla mia parte nella prosecuzione della scuola dell’obbligo. Ma c’era tutta
l’estate da vivere a stretto contatto, e fu dura : mai un giorno al mare mai un
amichetta da portare a casa, mi restavano i miei due gatti segreti, Alfa e Beta
a stemperare la solitudine e la tensione.
La maestra, che aveva subdorato
l’alchimia della mentalità del mio genitore, veniva spesso a farci visita, e
non per pura cortesia. La verità è che lo teneva d’occhio. Scopo preciso era di
agevolarlo nella pratica della mia iscrizione alla scuola media che era
imminente e , rammentargli che, evadere a questo compimento,era un reato punito
dalla legge in caso di insolvenza. Lei aveva visto lontano…
La cara maestra aveva un debole
per me e aveva presente i miei temini che la sbalordivano per l’esattezza con
cui esprimevo i miei pensieri. Avevo stoffa ,diceva esagerando, a mio padre che
ascoltava furibondo.
Lui si sentiva incastrato !
Dunque passai alle scuole medie.
La conoscenza, il latino,la storia furono il proseguo della mia formazione e,
il consenso dei miei professori sbilanciarono sempre più mio padre che in
qualche modo era sempre incline a ritenermi una ‘’nullità’’ La verità vera , la
prova provata di questa acredine (lo capii più avanti ) non era ,in fondo
diretta a me ma si estendeva a tutto il genere femminile e si traduceva così : Lui
voleva un figlio maschio: io ero il maschio mancato ! Tenebre maschili ! La mia preparazione scolastica, e gli ottimi
voti, non valsero, o per orgoglio o per ostinazione, a dissuaderlo della mia
inutilità. Lui perseverò a combattere la sua battaglia contro i mulini a vento,
ed io continuai ad essere ‘nessuno’, ignaro che nel racconto di Omero, paradossalmente. Nessuno aveva sconfitto il
mostro che voleva divorarlo.
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