JULYSTAR
Con agilità
saliamo a bordo della barchetta che ha passato il convento e andiamo.
Il
conducente è di poche parole e anche incomprensibili ma i gesti sono eloquenti
e a noi basta. Il silenzio è rotto solo dallo ‘splash’ dei remi che fendono l'acqua con movimento sincrono e
lento…
L’oggetto da
raggiungere sembrava ancora lontano, e man mano che si riduceva la distanza, ci
appariva nelle sue dimensioni reali: un moncone di nave gigantesco. Giunti
quasi a sfiorarla, il nostro marinaio ripiega verso lo squarcio.
L’altra metà
della nave era stata acquisita dalla compagnia navale ‘’Onorato’’e trascinata
via altrove . Il nostromo ,avaro di parole, sa però il fatto suo e dopo la
terrificante prospettiva frontale del disastro, dirige il natante verso la
fiancata del bestione, splash
splash ,imperturbabile.
Lui non ama
socializzare e noi siamo all’oscuro del programma della visita,siamo assai
perplessi e ci domandiamo…ma la risposta è presto lì davanti ai nostri occhi: Una
biscaglina.
La prima
immagine che mi venne in mente fu la stazza del palazzo di mio padre a
Cagliari, perché aveva gli oblò secondo l’architettura dell’epoca.
Lo sgomento
è totale. Nella parete altissima della murata penzolava la biscaglina,unico
mezzo per guadagnarci la cima. Fu il panico ma non avevo altra scelta,troppo
casino avevo fatto per ottenere il permesso di visitare questo relitto di nave,
così obsoleto, al largo del mare del mio paese natio. Certo non mi aspettavo un
ascensore! Ma una scaletta di spago fissata ai limiti del cielo, questo no,non
me l’aspettavo!
Quella
scalata, piede dopo piede, faccia faccia con la parete, piolo dopo piolo, mi è
rimasta scolpita nella memoria. ‘’ Come potrò dire a mia madre che ho
paura?’’
E’ Fabrizio De
Andrè che canta nell’altra stanza mentre ripenso a quei momenti.
Guardo giù e
la barchetta è un puntino, la parete invece è incommensurabile e minacciosa,e siamo solo a metà strada.
E’ il prezzo della paura, continua De Andrè.
Mi viene di
chiedere aiuto a un mio amico immaginario riprendendo un discorso mille volte
sospeso…
Marcondirondirondero,se
arriverò lassù farò una gran festa Marcodironderondà .
Continua la
ballata che riecheggia dalla stanza accanto.
Sono
all’ultimo piolo,con un colpo di reni disperato, trasferisco una gamba sulla
nave e il mio piede poggia finalmente sulla terra ferma (si fa per dire), segue
tutto il resto anche se a rate, e …voilà sono a bordo ! sono tutta intera e sto
bene grazie a quel cielo che ora mi sembra di poter toccare con un dito.
Il secondo
tempo dell’avventura ci riserva tensioni differenti . Qui sopra c’è un silenzio
che spacca i timpani e l’aria insieme, un silenzio sinistro.
L’immobilità
regna sovrana e implacabile come in un incantesimo congelato dopo un uragano
improvviso. Con un senso di angoscia visitammo alcune cabine: letti scomposti,
scarpe, indumenti,fotografie, berretti tutti sparsi ovunque. Io raccolsi un
oggetto per ricordo che, ancora conservo da qualche parte. Non ci tratteniamo a
lungo in questa visita, non ci parve giusto curiosare troppo in questo luogo
che il destino ha scelto per i suoi imponderabili misfatti. Tornammo all’aperto
a riprendere fiato e a ricomporre lo stato d’animo.
Il marinaio
era rimasto fuori,lo scorgemmo seduto sopra un rottame di ferro con lo sguardo
fisso nel vuoto, pareva non vederci. Ci ricondusse alla biscaglina che ormai non
ci incuteva più paura, facendoci capire che eravamo liberi di andar via
da soli con la barchetta . Lui rimaneva lì sul ponte,non spiegò i motivi della
sua decisione e il suo sguardo restava lontano. Tutto questo ci indusse a una
forma di rispetto e, salutandolo con un gesto della mano,riprendemmo la
biscaglina a ritroso.
Gabri