La notte dell'eccidio la luna piena, grassa e sudata,se n'era stata appollaiata per ore sulla schiena delle montagne. Pochi fili di nubi facevano l'effetto di capelli scomposti sulla sua fronte. Se n'era stata così la luna, a bersi l'orizzonte frastagliato come il bordo di un guscio d'uovo spaccato in due,pigra d'una pigrizia quasi Morte, quasi fosse al primo sonno. Poi, a un certo punto, si era sollevata,indolente,alitando contro la terra. Una luna antica che, arcuata la schiena per sgranchirsi nel silenzio e cominciare con ritardo il suo turno,si era spalancata allo sguardo degli insonni. Così aveva iniziato a scialbare la campagna solleticando il pelo fosforescente delle bestie e facendo scintillare le foglie d'erba come rasoi. Aveva attraversato le vigne incidendo contro la lastra del cielo un nero Golgota di piante crocifisse. Poi era passata in paese come giungendoci per caso, viaggiatrice distratta,per rendere febbrile di luce il rosso dei tetti. E penetrò nella malta dei selciati per farla preziosa d'argento, e scelse muri immacolati perché la riflettessero. Illuminò gli amplessi , oh se lo fece! Quelli leciti e quelli illeciti ferendo con scudisciate di bianco la pelle degli amanti, infilandosi nelle fessure delle porte chiuse, insinuandosi fra le tende che si sfioravano, schizzando dagli sfiatatoi delle imposte accostate. Più in là ,dove il terreno è sempre grasso di vermi, fece brillare le tombe di marmo come specchi ustori e abbatté al suolo nerissime ombre di cipressi sull'attenti ai bordi dei viali,
per farle colare sui marciapiedi. Ah, una luna maledetta! Che sussurrava sventure, la notte dell'eccidio. Marcello Fois Memoria del vuoto